Presa di posizione

L’UPI e le campagne shock

Le campagne shock pongono il target a diretto confronto con informazioni dure e sconvolgenti sugli effetti di un comportamento a rischio. Si parla anche di «appelli alla paura». I pareri sulla loro efficacia sono discordanti. Dagli studi più recenti condotti in diversi ambiti della prevenzione emerge che, a determinate condizioni, gli appelli alla paura possono risultare efficaci se sono preceduti da un'analisi scientifica accurata.

Da diversi anni, un po’ ovunque, si cerca di scuotere l’opinione pubblica attraverso le campagne shock che pongono il target a diretto confronto con informazioni dure e sconvolgenti sugli effetti di un comportamento a rischio. Queste campagne si basano sull'idea che esponendo le conseguenze in modo scioccante si possa provocare nel destinatario sentimenti di paura che lo inducano a cambiare le proprie convinzioni e il proprio comportamento. Per definire questo tipo di comunicazione, la ricerca psicologica usa generalmente i termini «appello alla paura» o «argomento ad metum».

Sebbene queste campagne esistano da decenni, i pareri sulla loro efficacia sono discordanti, in particolare per quanto riguarda la prevenzione degli incidenti o degli infortuni. Se dagli studi più recenti condotti in diversi ambiti della prevenzione emerge che, a determinate condizioni, gli appelli alla paura possono risultare efficaci e che, in generale, non bisogna temere conseguenze negative, gli studi sulla circolazione stradale hanno invece evidenziato aspetti problematici.

Principali conclusioni:

  • Le campagne shock possono suscitare emozioni, attirare l’attenzione e modificare convinzioni e comportamenti.
  • L’età e il sesso del target hanno spesso un influsso sull’efficacia degli appelli alla paura. Le donne e gli anziani sembrano reagire meglio a questi messaggi rispetto agli uomini e ai giovani.
  • Anche il tipo di minaccia gioca un ruolo importante. La ricerca conferma che gli uomini (in particolare giovani) sono meno sensibili alle minacce fisiche (ferimenti gravi o decesso a seguito di un incidente o di un infortunio) rispetto alle donne.
  • Comunicare una raccomandazione in modo semplice e concreto è fondamentale ai fini dell’impatto di un appello alla paura. Una raccomandazione poco precisa, ad esempio «don’t drink and drive», non è sufficiente.

Quattro condizioni specifiche devono essere adempiute prima della campagna o ottenute grazie ad essa:

  • Gravità della minaccia: il target ritiene che la minaccia sia elevata.
  • Esposizione personale: il target ritiene di essere concretamente esposto al pericolo.
  • Efficacia dell’azione: il target è convinto che l’intervento raccomandato possa effettivamente eliminare il pericolo.
  • Autoefficacia: il target si sente in grado di agire.

Le campagne shock devono quindi essere precedute da approfondite discussioni e da una fase di sviluppo che tenga conto delle conoscenze teoriche. Oltre a svolgere pretest accurati, occorre tenere conto di aspetti etici, tra cui la questione delle potenziali reazioni di stress indotte dalla campagna tra i soggetti esclusi dal messaggio (ad es. bambini) o quella della stigmatizzazione delle persone interessate. È inoltre opportuno tematizzare questioni di politica aziendale, visto che le campagne shock potrebbero avere ripercussioni negative sull’immagine del mittente.

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